Creare sapori per salvare le scorte
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3 Agosto 2017

Creare sapori per salvare le scorte

Quando si parla di sperimentazioni gastronomiche, di accostamenti inediti, di nuovi sapori, la prima cosa che viene alla mente è uno chef che nel chiuso di una cucina studia il modo di stupire e deliziare i suoi clienti. Anche i trattamenti speciali cui vengono sottoposti alcuni formaggi sembrano raffinati e talora complicati sistemi di insaporimento. L’impressione non è però del tutto esatta: oggi sono senza dubbio diventati tali, ma la loro origine è un’altra. Le loro radici affondano nell’epoca in cui la necessità spingeva ad accumulare scorte di cibi conservabili – quali sono per eccellenza i formaggi – in vista dei periodi in cui la produzione alimentare entrava in stasi.

Ma laddove la semplice, classica stagionatura non costituiva una garanzia sufficiente contro eventuali degenerazioni dei prodotti, il contadino era costretto a ingegnarsi per trovare sistemi di trasferimento nel tempo più sicuri. Per raggiungere questo scopo utilizzava tutto quello che aveva a disposizione: erbe, spezie, alcolici, vinacce rappresentavano altrettante difese contro batteri, insetti o roditori, che potevano essere tenuti alla larga anche sigillando il formaggio in un buco nella roccia, dove le scorte sarebbero state al sicuro perfino da eventuali razziatori umani.

Da questa incessante lotta per la sopravvivenza sono nati il Bruss, il Burrino, il Formaggio di Fossa, il Seirass del Fieno, gli Ubriachi e molte altre lavorazioni tuttora praticate. La considerazione che quanto ne prolungava la commestibilità ne migliorava contemporaneamente il sapore è venuta dopo, e ne ha decretato la sopravvivenza nell’era dei frigoriferi e dei supermercati.