la degustazione
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10 Maggio 2017

la degustazione

Parlando di degustazione di formaggi il pensiero corre immediatamente alla bocca, che è però una comprimaria e non la protagonista assoluta dell’operazione. La lingua e il palato sono infatti laboratori sofisticati ma parziali, che danno informazioni relative solo a dolce, salato, amaro, acido o piccante. Questo è importantissimo, ma è ancora poco per capire la personalità di un formaggio. La degustazione deve invece cominciare con la vista e con il tatto, tramite i quali si inizia a «sentire» la pasta, la sua struttura, la sua consistenza, il suo colore. Da qui si può già capire molto circa quello che si andrà ad assaggiare. Poi un ruolo fondamentale tocca all’olfatto, sia dall’esterno, annusando la pasta ma anche la crosta, sia dall’interno quando il campione da degustare si trova nella bocca.

La pasta di un grande formaggio sprigiona profumi diversissimi fra loro, che con un po’ di allenamento è possibile discernere: si va dalle erbe (oppure, e la differenza è netta, dai fieni) che hanno costituito il pascolo dell’animale da latte fino ai sentori di fieno delle stalle, sempre che naturalmente il latte di base non sia stato «anestetizzato» dalla pastorizzazione. E poi ancora le note tipiche della stagionatura: muffe, lieviti, acari, eventuali erborinature…

Come per i vini, è fondamentale l’analisi dell’evoluzione dei sapori durante la degustazione, dai caratteri dominanti al primo impatto ai retrogusti. La permanenza in bocca del formaggio, da degustare sempre in piccole quantità, non deve essere pertanto breve. I vecchi del resto amavano dire che il formaggio, specie se molto stagionato, non si mastica, ma si scioglie in bocca come una caramella.